Nell’articolo precedente, abbiamo ripercorso insieme la storia della cannabis, dai primi utilizzi di migliaia di anni fa, fino ad arrivare al mondo classico dei Greci e dei Romani.
In questa seconda parte, vedremo insieme come la cannabis si è diffusa nella cultura europea e araba medievale, fino ad arrivare nell’est Africa e successivamente nel continente Americano.
Hashish: la cannabis nel mondo Arabo e Persiano
Diverse centinaia di anni fa, in un’area che un tempo faceva parte dell’Impero Romano, gli studiosi arabi al-Mayusi (vissuto intorno al 1000 d.C.) e al-Badri (vissuto nel XV secolo d.C.) richiamarono l’attenzione sulla cannabis come trattamento efficace per l’epilessia. Anche Avicenna, uno studioso persiano conosciuto per il suo celebre Canone di Medicina, scritto nel 1025 d.C., riconobbe la cannabis come un trattamento per alleviare il dolore, la gotta, l’edema, le ferite e l’infiammazione degli occhi.
Gli studiosi persiani avevano una comprensione sofisticata della cannabis ed erano consapevoli dei suoi effetti a diversi dosaggi: un po’ di THC può creare effetti positivi, ma troppo può creare effetti negativi.
Inoltre, uno dei primi cibi preparati con la cannabis è originario del Marocco: il mahjoun, un dolce ripieno di hashish. La versione tradizionale è fatta con una pasta di fichi, datteri e hashish, ricoperta di noci e altri aromi e spezie come miele, acqua di rose, sale marino, curcuma, cardamomo, zenzero, cannella e lavanda.
La storia della cannabis in Africa
Generalmente pensiamo che la cannabis sia stata introdotta in Africa orientale dall’India e dal Medio Oriente da commercianti arabi, intorno al 1400 d.C. La cannabis è nota anche per essere una parte della cultura degli africani ridotti in schiavitù in Brasile, presumibilmente portati dall’Africa, in particolare dall’area dell’Angola nell’Africa occidentale.
Sebbene le comunità africane abbiano consumato cannabis per migliaia di anni, la pianta è stata coltivata e venduta principalmente per i suoi effetti psicotropi.
Il metodo di base per la lavorazione delle colture di cannabis era quello di essiccare i fiori femminili e fumarli. Una tecnica più complessa in Sud Africa prevedeva una leggera fermentazione delle infiorescenze di cannabis che venivano poi essiccate e affumicate.
L’ipotesi principale è che la cultura della cannabis in Africa è la chiave della grande diversità genetica nelle piante di cannabis africane.
Intorno al 1580, la selezione delle genetiche delle piante di cannabis in Africa sudorientale portò allo sviluppo di una varietà di cannabis, apprezzata per il suo effetto di soppressione dell’appetito. I coltivatori dell’Africa sudorientale hanno selezionato piante ricche di tetraidrocannabivarene. Questo cannabinoide è stato identificato poi dalla scienza moderna come soppressore dell’appetito. Esistono diverse varietà di cannabis in cui è stato riscontrato un elevato contenuto di THCV che possono far risalire il loro retaggio all’Africa. Alcuni esempi sono la Durban Poison, la Swazi Gold e la Malawi Gold.
La cannabis in Europa dopo Romani e Greci
La cannabis è probabilmente arrivata in Europa attraverso gli Sciti dell’Asia centrale. La pianta si sarebbe fatta strada da est a ovest attraverso la “Via del Bronzo”, che sarebbe poi diventata nota come la Via della Seta. La canapa è stata trovata anche in antiche località di sepoltura germaniche risalenti al 500 a.C.
Tra l’VIII ed il XV secolo d.C., dopo che la cannabis si era diffusa in Medio Oriente dall’Asia centrale, i commercianti arabi hanno portato la pianta in tutto il Nord Africa e in Spagna.
L’Herbarium Anglo Sassone è stato uno dei primi testi a documentare l’uso terapeutico della cannabis in Europa. Scritto nell’XI secolo d.C. l’Herbarium descrive la cannabis come un anestetico e antidolorifico, ma anche come terapeutico per la gotta, infezioni urinarie, problemi di parto e perdita di peso.
La cannabis è anche menzionata nei testi medici del XII secolo della badessa tedesca Hildegard von Bingen.
Ulteriori tracce della storia della cannabis si trovano, nel 1484, in una bolla papale emessa da papa Innocenzo VIII. Il documento condannava la pianta. Tuttavia, si pensa che diverse repubbliche marinare l’abbiano ignorata. Questo perché facevano uso della fibra della cannabis per realizzare funi marittime e vele. Durante il Rinascimento italiano la cannabis era usata anche per produrre carta e tele per la pittura.
L’uso medicinale della canapa è stato documentato anche in alcuni testi medici in Inghilterra già nel 1500, durante il regno dei Tudor.
Fumare cannabis per i suoi effetti psicoattivi, in particolare l’hashish, divenne uso popolare in Europa. Dopo la campagna napoleonica del 1798 in Egitto, dove le truppe francesi furono incoraggiate ad utilizzare l’hashish. I soldati riportarono la pianta in patria e così l’uso della cannabis si diffuse in tutta Europa.
L’erba si diffonde in America
La cannabis ha attraversato l’Oceano Atlantico in diversi modi. L’ipotesi degli storici è che la prima volta sia stata portata dagli spagnoli. Dopo la loro colonizzazione delle Americhe iniziata nel 1492.
Gli storici ritengono che la canapa sia apparsa per la prima volta in Nord America all’inizio del 1500, quando Hernán Cortés ed i suoi soldati invasero il Messico. Tuttavia, nel 1550, un governatore spagnolo limitò la produzione perché la gente del posto si stava sballando con la pianta piuttosto che usarla per corde e tessuti.
Più a nord, nelle 13 colonie che diventeranno poi gli USA, il re Giacomo I d’Inghilterra emanò un decreto reale nel 1611 che istruiva i coloni di Jamestown, in Virginia, a coltivare la canapa. La canapa era un raccolto prezioso per molti coloni, poiché poteva essere utilizzata per fabbricare corde, vele, vestiti, tessuti e altri materiali.
Come accennato in precedenza, si pensa che durante il periodo coloniale la cannabis sia arrivata anche in Sud America. In particolare in Brasile, tramite gli africani ridotti in schiavitù, intorno al XVI secolo. Dopo l’abolizione della schiavitù nelle colonie britanniche nel 1834, è possibile che i servi indiani abbiano portato la cannabis nei Caraibi. “Ganja”, un termine originario dell’India, divenne particolarmente popolare in Giamaica, che all’epoca era una colonia britannica, dove è ancora comunemente utilizzato oggi.
La cannabis medica in Occidente nella storia contemporanea
Con l’aumento dell’interesse per la cannabis nel 19° secolo, la pianta fu portata all’attenzione della medicina occidentale nel 1839, quando il medico irlandese William O’Shaughnessy pubblicò On the Preparations of the Indian Hemp. O’Shaughnessy aveva lavorato in India e sperimentato la pianta e i suoi usi, notando i suoi effetti benefici per reumatismi, convulsioni e spasmi associati al tetano e alla rabbia.
In Francia, lo psichiatra Jacques-Joseph Moreau sperimentò con l’hashish, teorizzando che poteva essere utilizzato come cura per le malattie mentali. Moreau scrisse un libro intitolato L’Hashish e le malattie mentali. Il lavoro di O’Shaughnessy e Moreau ha avuto un impatto significativo sulla medicina occidentale.
Nella seconda metà del 19° secolo, furono condotti più di 100 studi sulla pianta. Le aziende farmaceutiche negli Stati Uniti e in Europa iniziarono a creare e commercializzare tinture di cannabis. I medicinali contenenti cannabis divennero ampiamente disponibili, con molti marchi che affermavano di poter curare una grande varietà di disturbi.
Purtroppo però, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, le opinioni sulla cannabis iniziarono a cambiare. Molti paesi iniziarono a considerare fuorilegge la pianta. In particolare gli Stati Uniti e conseguentemente la maggior parte dei paesi Europei del cosiddetto blocco occidentale.
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